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    Quest'iniziativa nasce con la pretesa (assurda e vana, lo so) di sensibilizzare le persone sulla questione dell'e-commerce, un mercato relativamente nuovo e indubbiamente sempre più presente e in crescita.
    Ciò che costituisce da sempre quei nodi nevralgici che tengono insieme le maglie del tessuto sociale di una città o di un paese sono i piccoli negozi e le botteghe che ivi hanno la propria attività commerciale. I negozi danno vita alle città perché in quel meccanismo di scambio e contrattazione che è la compravendita le persone si aggregano, si ritrovano, parlano, insomma fanno comunità. E' girando per la propria città o cittadina per procurarsi beni di prima necessità che s'incontrano i propri compaesani con i quali si parla, ci si scambia informazioni sulle ultime nuove, si creano dei legami che vanno a formare, appunto, il tessuto sociale di un luogo.
    Un centro abitato senza attività commerciali è un luogo morto, un luogo dove la gente abita e torna a dormire la sera ma dove non allaccia o rinforza più legami con il resto degli abitanti; dove ogni nucleo familiare è un atomo solitario, un'entità individuale e sola completamente slegata dalla comunità e dal luogo che lo circondano. Una città senza attività commerciali è un po' come un corpo senza il proprio cuore pulsante che lo rende vivo.
    E' per questo che è fondamentale fare delle scelte oculate e cercare, dove possibile, di supportare i negozi della propria città invece di comprare tutto, indiscriminatamente, online. Certo, online è più facile e più comodo, basta un click e ti arriva tutto sulla porta di casa, ma così facendo mandi a morire la tua città o il tuo paese e con lui la possibilità di creare un tessuto sociale solido di cui tu, in primis, gioveresti non poco.
    E poi le attività commerciali danno lavoro, spesso sono attività che sono passate di padre in figlio per tante generazioni e che hanno creato persone esperte nel proprio lavoro; oppure nessuno dovrebbe vietare a qualcuno completamente estraneo a quel mondo di aprire, per la prima volta, un'attività sua. O dobbiamo andare tutti a fare gli schiavi in fabbrica o nei call center?!
    Quindi supportare i negozi significa anche supportare il diritto al lavoro; un impiego sano perché indipendente e che quindi permette un orario e delle regole flessibili, non quei teatri dell'orrore che sono presenti in tanti altri posti e di cui parlerò più giù.
    Detto questo, voglio far presente che anch'io compro online ogniqualvolta non mi è possibile trovare il prodotto che cerco nei dintorni, per esempio per comprare le spugne naturali, il filtro per la luce blu per il computer, l'intimo di cotone biologico o scarpe anch'esse fatte completamente di materiali organici e sostenibili; tutte cose che purtroppo qui non si trovano e che finché qualcuno non si sveglierà e deciderà di aprire delle attività simili nei dintorni, sarò costretta a continuare a rifornirmene online. Questo per sottolineare che non demonizzo lo shopping online e che non ce l'ho con tutti quelli che comprano tramite un click al computer: comprare online è comodo e a volte siamo costretti a farlo, l'importante è farlo con criterio e non indiscriminatamente senza pensare a cosa si sta facendo o a quali conseguenze le nostre azioni comportano, come purtroppo in molti fanno. Io, per esempio, compro online ma prima mi accerto che il prodotto che m'interessa sia effettivamente introvabile nella mia zona, e poi procedo a comprare online in negozi piccoli-medi, contribuendo così ad aiutare un po' anche loro.
    Un centro abitato senza attività commerciali attive può essere solo preda della delinquenza e del degrado.

    Ora però mi preme aprire un paragrafo a parte, e non è un caso se ho espressamente parlato di piccoli-medi negozi online. Perché se va bene comprare da loro, ci son “negozi” da cui non si dovrebbe mai prendere nulla e mi riferisco ad Amazon. Giustamente mi direte: “Ma chi sei tu per dirlo?”. Nessuno infatti. Ma io faccio solo da tramite tra voi e coloro che hanno già detto tanto e che hanno l'autorità per parlare, cioè giornalisti e gli stessi lavoratori dell'azienda.
    Amazon ha portato tanta novità in effetti, per esempio ci ha riportato indietro di 100 anni in quanto a diritti dei lavoratori: paga bassissima, continuamente monitorati da uno scanner che impone loro di raggiungere il prossimo scaffale in pochi secondi pena il licenziamento, continuamente monitorati dai capi, diritto di andare in bagno spesso negato o comunque contato al minuto – e se supera pochi minuti i capi chiedono una giustificazione. Difatti c'è chi ha pensato di non andarci per niente urinando in una bottiglia o usando un catetere. Tutti i lavoratori sono precari e non ottengono mai il contratto a tempo indeterminato perché vengono licenziati prima appositamente.
    Gli infortuni sono frequentissimi e talvolta accade anche di peggio. Non importa che tu sia malato o abbia una giustificazione valida per non presentarti a lavoro e che tu abbia avvertito per tempo: se non ti presenti ti assegnano un punto e se ne ottieni 3 sei fuori.
    Un'azienda che sfascia i sindacati in tutti i modi possibili: in America, Alabama, mette l'urna, nella quale i dipendenti mettono il proprio voto a favore della formazione del sindacato, dentro al magazzino con una telecamera di fronte affinché il voto non sia più anonimo; in Italia ingaggia direttamente dei mercenari, ex militari o poliziotti.

    Ma andiamo ancora avanti: ordinare online vuol dire far muovere un numero spropositato di tir che deve trasportare roba e questo si traduce in un inquinamento dell'aria atroce. L'Inland Empire, la zona americana con più magazzini Amazon del mondo, è anche la più inquinata d'America.

    Però è anche vero che dà la possibilità a tanti venditori piccoli di stare sulla sua piattaforma e quindi guadagnare di più, e quindi qualcosa di buono lo fa.... no, direi di no. Una volta attirati dalle lusinghe di Amazon e siglato il contratto, i venditori si ritrovano dentro a dei contratti capestro da cui non possono uscire, fatto valere con metodi uguali a quelli della criminalità organizzata: merce tenuta in magazzino e non pagata al venditore con la scusa che non è mai arrivata o è contraffatta, e poi pagata il 30% in meno una volta che il venditore è stremato ed ha bisogno di soldi.

    Un'azienda che prende ricchezza, tanta, ma che non ne ridà indietro neanche un briciolo evadendo tasse come se non ci fosse un domani, avendo aperto la filiale per l'Europa in Lussemburgo. I video sono del 2012 e del 2020, forse nel 2022 si è impegnata un pochinino di più? Mmmmm... no.

    E', oggettivamente, qualcosa che non si può vedere. Come dice Report tu pensi di risparmiare solo perché il prodotto che cerchi costa qualche euro in meno rispetto ai negozi normali, ma invece il prezzo che stai pagando è altissimo: la qualità del lavoro deteriora, i diritti dei lavoratori deteriorano, il rispetto della legge in generale va a farsi benedire e la qualità dell'aria e la nostra salute deteriorano anch'esse. Quindi la vera domanda è: quanto dobbiamo pagare per un cerotto, per un calendario della Barbie e per due ciabatte? Quanto?

    Le nostre scelte individuali ed i nostri soldi contano molto e dovremmo perciò supportare attività che fanno bene a noi ed alla comunità, non dei parassiti che succhiano la linfa vitale delle persone, delle comunità e di interi Paesi per lasciarci, una volta lucrato, nient'altro che vuoto e deserto.
    Capita a tutti di peccare di ignoranza e superficialità; anche lo stesso fumettista qui sopra e vari giornalisti pensavano che non ci fosse niente di male in Amazon prima di farsi assumere e capire cosa c'è dietro veramente, per dire. L'importante è informarsi quando se ne presenta l'occasione e cambiare modo di fare e punto di vista.
    Tutti sbagliamo; l'importante è accorgersi dello sbaglio, ammetterlo e porre rimedio.
    Se siete d'accordo anche voi venite ad iscrivervi alla nostra iniziativa "IO COMPRO OFFLINE"!

    FUCK AMAZON







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    Edited by moon-eo - 29/7/2023, 22:44
     
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0 replies since 21/7/2023, 16:06   38 views
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